lunedì 11 agosto 2014

Vestiti di paese

La tempesta scatenatasi sul paese bruciò i prati, sradicò gli alberi. Sfondò le case e cancellò la toponomastica. Ma quel che è peggio, interruppe i legami di parentela ed azzerò le identità per come le si conosceva. Tutti coloro che rimasero esposti alla tempesta, si ritrovarono di colpo apparentati, sconosciuti l’uno all’altro. Non fu semplice spiegare al parroco che doveva rientrare in canonica, rinchiuso come era nel bar, intento a darci dentro col vino di bassa qualità e con le sigarette arrotolate. Improbo compito ebbe chi dovette rincorre il fornaio, riportandolo ai compiti che gli spettavano, cuocere il pane per il paese, e non giocare ai dadi tutto il denaro che si trovò tra le mani aprendo il registratore di cassa. Ma la più ingrata delle prove fu convincere l’appuntato a smetterla con quella mania di rubare i quadri e le ruote delle auto, trattandosi di un comportamento poco confacente al mestiere del carabiniere. Al più anziano del posto toccò la sorte più dolorosa. La ragazza con la quale ad ogni costo volle sposarsi, era in realtà sua figlia, mentre la vecchia intrusa che abbandonò all’incrocio della strada sull’imbocco del paese, sua moglie. L’aver strappato a forza gli abiti che ciascuno si ritrovava a indossare, portò allo svelamento di nature e pulsioni sino a quel momento sopite, nascoste dietro a parvenze sedimentate nel corso dei decenni. Ciascuno scoprì una parte sadica e perversa, tanto più forte quanto più spesso era l’abito di moralità sino ad allora indossato