giovedì 22 settembre 2016

Mani

Alla fine dovette arrendersi all’evidenza. In corso di un analisi, madre e padre in qualche modo, con sembianze artefatte, tornano.
O forse, da sempre erano li, al fianco del cammino. Silenti.
Per certi versi anche per scrivere serve un padre e una madre.
Gli fu dato di capire solo alla fine della sua tormentata vita che la  caparbietà  che si trovava in tasca, la sua indicibile sopportazione del dolore, il fluire degli stati d’animo erroneamente attribuiti alla melanconia, erano una forma di resistenza alla vita.
Si, alla vita in quanto ostacolo, pena.
Pena di chi nasce ammalato e ogni giorno tribola per raccattare la forza di non cadere di lato, fare un sorriso, accarezzare il figlio, rimboccargli le coperte. Nella sua mente riaffioravano ricordi infantili, quando la malattia non le impediva di baciarlo ed abbracciarlo.
Quando le mani si muovevano  agili e la stretta al petto era forte.
Da bambino nulla poteva scalfirlo. Le avversità della vita divenivano inezie, pensando a lei. Lei che lo proteggeva, lo custodia come parte del creato, gli dava quel bacio profumato che durava sino al rientro dalla scuola.
Il suo modo di vivere, di raccontare, di amare e di essere padre si tramutò così in un malinteso inno alla sopportazione. Non era questo. 
Non c’era nulla di storico nel suo genuflettersi alle avversità, solo credeva ancora di indossare quel mantello d’acciaio confezionato dalla madre., grazie al quale, pensava,  la notte non avrebbe fatto paura.
Il buio non sarebbe divenuto orrore.
I lamenti di tante persone scheggiate dalla vita, sarebbero stati descritti a sua figlia come uno sciocco modo di prendersi gioco della buona sorte, un passatempo da annoiati che potevano permettersi perché avevano dalla loro la salute. La salute, si , la salute. Quella roba preziosa con la quale anche lui aveva giocato, sino al momento del crollo.
E per tutte quelle volte che venne colpito, umiliato, offeso.
Per tutti qui momenti nei quali ebbe a che fare con la sopraffazione, l’invida, il malcuore, gli bastava tornare alla memoria di quando era ragazzino, e ogni ferita veniva lenita con le parole della madre , che smorzava gli incubi e lo rendeva invincibile.
Sole, voce di notte e abbracci.
Grida per strada, minestra, focaccia.
Claudicando, mentre scendeva dalle scale del palazzo, si chiedeva se mai sarebbe stato in grado di trasmettere a sua figlia quel senso i protezione e invulnerabilità avuto in dono dalla madre’.
‘Mama's gonna make all of your 
Nightmares come true 
Mama's gonna put all of her fears into you 
Mama's gonna keep you right here 
Under her wing 
She won't let you fly but she might let you sing 
Mama will keep baby cosy and warm 
Ooooh Babe Ooooh Babe Ooooh Babe 

Of course Mama's gonna help build the wall

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